Il Codice dei beni culturali obbliga a “denunciare” alla Soprintendenza competente, entro 30 giorni, gli atti di alienazione di un bene culturale. Questo obbligo riguarda solo i cambi di proprietà o anche i contratti che mutano la semplice detenzione, cioè la disponibilità materiale del bene (se pur “qualificata” e non dettata da occasionalità)? Come bisogna comportarsi, ad esempio (per citare i casi più frequenti), per una locazione immobiliare quando l’edificio ha un vincolo di interesse storico artistico oppure per un comodato d’uso di un’opera d’arte in favore di un museo?
Già la legge n. 1089 stabilì nel 1939 la necessità di effettuare tale comunicazione per ogni atto, sia a titolo oneroso che gratuito, idoneo a trasmettere la proprietà o anche solo la detenzione del bene culturale; e il successivo Testo Unico dei beni culturali nel 1999 e poi il Codice nel 2004 hanno ripetuto la disposizione normativa (garantita, peraltro, da sanzioni addirittura di ordine penale). La risposta al quesito, pertanto, è stata per lungo tempo affermativa, essendoci obbligo di denuncia anche per tutte le fattispecie contrattuali aventi ad oggetto la detenzione di beni culturali. Questo fino al 2011, quando l’art. 4 comma 16 del decreto legge n. 70 ha modificato il punto, prevedendo che vadano ancora comunicati alla Soprintendenza, oltre agli atti di trasferimento della proprietà, pure gli atti che trasferiscono la detenzione, ma solo limitatamente ai beni mobili.
Quindi oggi – per restare nelle due ipotesi prospettate – i contratti di locazione di immobili dichiarati beni culturali non devono più essere denunciati agli organi periferici del Ministero; mentre rimane tale obbligo per i contratti di comodato di un bene culturale mobile (o altri casi di cessione della detenzione), in considerazione della maggiore pericolosità rappresentata dal mutamento del soggetto che semplicemente detiene un’opera d’arte, che potrebbe divenire irrintracciabile.